Racconti – Al Centro Commerciale

Sono le 20.30. Il sole è calato, i negozi chiusi. Mi serve una bottiglia di vino per una cena con amici.
Sto guidando sulla provinciale, fino a che scorgo sulla destra un grosso centro commerciale, una moderna architettura che ricorda un astronave. Finisco nella sua orbita.
Il parcheggio è sconfinato e semivuoto. Giro avvitandomi nella spirale del labirinto di parcheggi. Mi sembra di essere su un altro pianeta.
Abbandono la macchina nel mezzo della desolazione di cemento. Postazione nord 45, livello -3, fila 215, posto 29. Rimango a fissare quella posizione a lungo, cercando un modo per non dimenticarmela.
Varcata la porta d’ingresso del centro commerciale, i corridoi che portano al supermercato paiono non avere una fine. Guardo l’orologio. Quella che pensavo essere una toccata e fuga sembra diventare un lungo viaggio.
I corridoi del supermercato sono desolati quanto il parcheggio, districandosi in una quantità esagerata di merce. Si potrebbe sfamare una città per anni. Dentro però non c’è più nessuno. Immagino anime come me, vagabonde nel quartiere dei surgelati o nella giungla dei salami. Forse sono ancora tutti qui, consumatori consumati, trasformati in fragole giganti o intrappolati in flaconi di detersivo antimacchia.
Chi acquisterà tutta questa roba?
Arrivo al vino. Inizio a scorrere vitigni, cantine, gradazioni, profumi fruttati o amari, retrogusto delicato o intenso. Rosso, bianco, rosé, sottocosto, sottovuoto, sottomarca, paghi due prendi tre, venti punti fidaty, sconto alla cassa se superi 40 euro di spesa, metti il bollino e vinci un assaggio. Guardo l’orologio. Prendo la prima bottiglia che ho davanti. Le casse sono aperte tutte, dalla 1 alla 237. Tutte praticamente vuote. I pochi che vagano come me hanno in mano un solo articolo. Le cassiere sono immobili e non parlano. Fissano qualcosa a mezz’aria. Mi dirigo alla numero 178. Finalmente di fronte a un altro essere umano dopo l’estenuante viaggio, faccio osservare alla cassiera quanto sia curioso che siano tutte aperte per le poche persone che ci sono qui adesso.
“Sono 5 euro e 30 centesimi”.
“Durante il giorno ci deve essere tanta gente qui?”
“4 euro e 70 centesimi a lei, grazie”.
Riprendo la via del centro commerciale. Diversi esseri vagano senza meta, con l’aria sperduta e deambulando a fatica nei corridoi.
C’è un grande fast food ancora affollato. L’odore che emana ha fatto appassire le palme nel corridoio. Il grande negozio di fronte è saturo di schermi di tutte le dimensioni e tecnologie. Diffondono tutti le stesse immagini. Una suadente voce attrae al cospetto dei suoi 100 pollici una signora. La ipnotizza e le ordina tutto quello che dovrà fare nei prossimi 30 anni della sua vita. Lei gli consegna la carta d’identità e la carta di credito con il pin.
Sento il desiderio di abbandonare questo luogo il più rapidamente possibile.
Affretto il passo, raggiungo l’uscita e mi precipito fuori. Con una certa ansia, continuo a camminare veloce, senza più voltarmi indietro. Vedo la mia piccola macchina abbandonata solitaria nel parcheggio.
Con il cuore in gola apro la porta, metto in moto e fuggo verso l’uscita.
La grande astronave alle mie spalle si sta alzando in volo con mille luci lampeggianti.
Accelero, ma sento la macchina risucchiata indietro. Lo specchietto retrovisore non riflette alcuna immagine. Finirò imprigionato nel buco nero, con 5 euro in tasca, in una galassia di negozi che vendono tutto a 6 euro.