Racconti – Il Trasloco

Il problema della stitichezza della lavatrice fu molto serio. Iniziò tutto dopo il cambio di appartamento. Forse era per via del nuovo tubo dell’acqua, forse perché provava vergogna del box doccia che scaricava ruttando sonoramente. Io continuavo a buttare dentro vestiti, e lei non mi ridava indietro più nulla.
“L’acquisto di una casa ti procurerà una quantità di stress che non puoi immaginare”, mi avevano ripetuto in coro amici, parenti e colleghi. Non gli avevo dato retta.
Invece, non avevo fatto i conti con la memesi elettrodomestica che accadde in seguito al trasloco.
La lavatrice continuava a non scaricare. Rimasi senza più uno straccio da indossare, e disperato nascosi in una maglietta una scatola intera di lassativo, prima di infilarlo nel cestello. Il risultato fu una violenta dissenteria. I vestiti, completamente sciolti, se ne andarono per sempre. Potei recuperare soltanto i bottoni, tutti ammassati dentro al filtro.
Il frigorifero intanto smise di aprire la porta. Fino allora re indiscusso del freddo, entrò in competizione con il condizionatore, manifestando una gelosia infantile. Non sopportava l’essere relegato a ruolo di comparto per la conserva dei cibi, mentre io riservavo cure e affetto al nuovo elettrodomestico del freddo. Per dispetto si mise poi a funzionare al contrario, e quando finalmente aprì lo sportello sbuffò una grande nuvola di vapore. I gelati erano squagliati e cotti, così come il pesce, la verdura, le uova e tutto il resto.
Il forno, di tutto pugno, decise che se il frigorifero voleva scaldare l’ambiente, allora lui si sarebbe alleato al condizionatore e avrebbe quindi fatto il gelo. La caldaia del gas, frastornata dagli eventi, decise di andare in vacanza, creando subito un clima tropicale nella stanza, aiutata dal frigorifero che continuava a soffiare vapore come un geyser.
Nel mezzo delle due fazioni in lotta, io mi arrangiavo facendo i ghiaccioli nel forno e cuocendo le pizze nel congelatore.
La lavastoviglie, di marca svizzera, non tradiva, funzionando bene e restando neutra. Pensai allora di collegarla ai tubi della lavatrice per darle sostegno morale. La situazione migliorava un po’, ma i panni spesso profumavano di parmigiana di melanzane, e così in ufficio mi veniva da leccare i bottoni delle camicie.
Nemmeno l’illuminazione mi dava pace. Le lampadine, riunite in un movimento sindacale capeggiato dalla grande plafoniera, bandirono i turni notturni. Brillavano più che mai di giorno, per spegnersi tutte insieme al calare del sole.
La mia costipazione cresceva.
Ma chi era la causa di tutti i mali? Semplici coincidenze? Una maledizione che aleggiava intorno alla nuova dimora?
Tutt’altro. Piccolo e innocente, nascosto nell’armadietto del bagno, era l’asciugacapelli, che usciva allo scoperto la notte, e sibilando come un serpente a sonagli instillava negli altri elettrodomestici i motti di rivolta.
Forse avrei dovuto prendere una posizione estrema, smembrarlo di tutte le sue parti ed esporle in mezzo alla cucina come avvertimento per gli altri. Ma chissà, magari la situazione si sarebbe degradata ulteriormente.
Intanto per asciugare i capelli utilizzavo l’aspirapolvere. Per togliere le briciole dal pavimento ricorsi al vecchio trucco delle formiche. Per eliminare le formiche poi addestrai delle blatte orientali, che successivamente diedi in pasto a delle caviette peruviane. Queste ultime se ne andarono via da sole quando misi nella stanza una lince, della quale mi liberai infine portando a casa un grizzly. Il problema di tenere a bada l’orso mi fece dimenticare tutte le altre questioni.