Racconti – Dal Medico

Infettato da colleghi stakanovisti, venuti in ufficio sputando sangue dai polmoni per dimostrare il loro attaccamento al lavoro, ho passato due settimane con mal di gola e tosse secca.
Le palline alle erbe miracolose che avevo trovato in Laos non mi hanno aiutato, anche perché visibilmente posse dopo i mesi passati nell’umidità milanese.
Mi presento così dal dottore della mutua, che è anche mutuamente assessore ai lavori pubblici, ex-assessore allo sport, e che non potrei giurarlo ma mi è sembrato di averlo anche visto mascherato da impiegato delle poste. Era in vacanza, o forse a deliberare nuovi piani regolatori, e così ho trovato la sua sostituta, immagino presa in prestito dall’ufficio cultura, dai servizi sociali o dalla nettezza urbana.
“Dottoressa, è da due settimane che mi gratta l’ugola e tossisco”
Lei mi misura la pressione, la distanza tra il gomito e il polso, l’interasse delle pupille, ispeziona in gola con il fonendoscopio e sentenzia: “Non è così grave da richiedere l’antibiotico”.
Poi, con gli occhi spiritati e lo sguardo compiaciuto, snocciola la ricetta:
“Ingoia le pastiglie di paracetamolo, spruzza il ketoprofene, e condisci il tutto con delle gocce di codeina”
“Tutta quest’inslalata di medicine per così poco?”
“Sì, l’azione combinata sarà vincente”
“Potrei mangiare ogni 12 ore una bistecca di carne da allevamento intensivo, riceverne gli antibiotici e fare anche una bella scorta di ferro per l’estate?”
“Non scherzare. Fidati della mia ricetta e tutto svanirà in pochi giorni”
Mi presento dal farmacista, che leggendo il menu esclama:
“Tutte queste medicine per un po’ mal di gola e tosse? Non era più semplice l’antibiotico?”
“Lo confessi, lei è d’accordo con la sostituta medico, vero?! Ora sta bluffando?!”
“No”
“Lei è anche assessore o lavora alle poste?”
“No”
“Lei diventerebbe il mio medico della mutua?”
“No”
“Peccato”
Le medicine hanno unito i loro sforzi dandosi man forte una con l’altra, sfortunatamente più negli effetti collaterali che nei principi attivi.
Sono uscito più stordito che dopo un concerto rock. Dopo l’ultima dose le orecchie mi fischiavano, e sentivo i suoni ovattati come fossi immerso in acqua.
Il rimedio zen “fai finta di niente e stai all’aria aperta” l’avevo già provato prima di andare dal medico, ma la notturna di 50 km in bici nel parco delle groane, seppure esperienza affascinante, non aveva sortito un grande effetto.
Comunque, al diavolo il cocktail di medicine, le case farmaceutiche, i bugiardini e gli effetti collaterali, e via, 9 chilometri di corsa sotto al sole al parco. Le possibilità erano due: o sarei morto, o mi sarei ritrovato qui a scrivere queste righe. In entrambi i casi, sempre e comunque continuando un po’ a tossire.